Sentenza, Corte Suprema di Cassazione, III Sezione Penale, 15 settembre 2020, N. 25984, Occupazione abusiva del demanio marittimo:

In questa occasione, i giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui il reato di occupazione del demanio marittimo di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. , essendo un reato permanente volto a tutelare la fruibilità collettiva del bene demaniale, si configura non solo nei confronti di colui che ha compiuto materialmente l’abuso ma anche, nei confronti di colui che ha protratto l’abusiva occupazione da altri precedentemente iniziata.

Corte Suprema di Cassazione, III Sezione Penale, 15 settembre 2020, N. 25984:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 18/09/2019 della Corte d’appello di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emanuela Gai;

letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Barberini Roberta, ai sensi del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 12 ter conv. con la L. 24 aprile 2020, n. 27, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;

letta la memoria di replica del difensore che eccepisce la prescrizione del reato.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 18 settembre 2019, la Corte d’appello di Messina, per quanto qui di interesse, ha confermato la sentenza del locale Tribunale con la quale (OMISSIS) era stato condannato, alla pena di mesi uno di arresto, perche’ ritenuto responsabile del reato di cui agli articoli 54-1161 codice navale per avere occupato un’area demaniale marittima nel Comune di (OMISSIS), per superficie pari a mq. 556,00, mantenendo una tettoia aperta di mq. 10, una battuta di cemento di mq. 65 e una recinzione metallica di m. 481. Accertato il (OMISSIS) e fino al (OMISSIS).

Con la medesima sentenza gli altri imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) erano assolti per non avere commesso il fatto.

Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.c., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 54-1161 codice navale e articolo 125 c.p.p., comma 3.

Secondo il ricorrente la Corte d’appello avrebbe affermato la responsabilita’ penale del ricorrente senza verificare gli elementi costitutivi del reato, senza dimostrare che l’imputato fosse l’autore dello stesso, essendo stato dimostrato che i tre profili di occupazione abusiva (realizzazione di una tettoia, una battura di cemento e una recinzione) erano conseguenti alla realizzazione delle opere da parte del defunto padre e sul mero rilievo del mantenimento delle opere e, dunque, dell’occupazione dell’area demaniale. Sarebbe stata altresi’ travisata la prova con riguardo alla delimitazione dell’area demaniale, neppure sarebbe stata verificata la proprieta’ delle auto parcheggiate sull’area asseritamente demaniale, allo stesso modo non c’erano elementi per ricondurre la recinzione all’imputato.

2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione alla prova dell’elemento soggettivo del reato trattandosi di beni ricevuti in eredita’ del padre.

2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione agli articoli 192 e 125 c.p.p. Erronea valutazione della prova laddove i giudici del merito avrebbero attribuito rilievo confessorio alla circostanza che l’imputato aveva bonificato dall’eternit dalla tettoria, trattandosi di intervento imposto da ordine dell’autorita’.

2.4. Con il quarto motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 62 bis c.p. e articolo 133 c.p., diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche e criteri di commisurazione della pena.

2.5. Con il quinto motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’erronea applicazione dell’articolo 131 bis c.p. e al diniego di applicazione della causa di non punibilita’.

Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il ricorso e’ inammissibile.

Il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, al netto della richiesta diretta a sollecitare una rivalutazione del merito in punto accertamento dei fatti e della natura demaniale dell’area su cui insistono i manufatti di cui si discute, appaiono manifestamente infondati alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’.

Deve, anzitutto, rilevarsi che all’imputato era contestata la violazione di cui agli articoli 54-1161 c.n., per l’occupazione del demanio marittimo tramite il mantenimento di una tettoria, di un battuto di cemento di mq. 65 e di una recinzione metallica. Parimenti non e’ in contestazione la circostanza che le innovazioni sono state realizzate da altri.

Dunque, la questione di diritto sottesa e’ quella se la fattispecie incriminatrice sanzioni o meno il “mantenimento”, la prosecuzione dell’occupazione abusiva di suolo demaniale che e’ stata inizialmente posta in essere da altri.

La risposta non puo’ che essere positiva.

Come osservato dalla giurisprudenza consolidata di Questa Corte, la fattispecie incriminatrice, infatti, sanziona la condotta consistente nell’occupare senza titolo, cioe’ nel limitare o impedire la fruibilita’ di un’area demaniale, senza che ai fini dell’attualita’ della violazione abbia rilievo quale soggetto abbia dato avvio alla violazione stessa e in quale momento. Sul punto la giurisprudenza di legittimita’ ha da tempo, con orientamento mai messo in discussione (Sez.3, n. 42404 del 29/9/2011, Farci, Rv. 251400 – 01; Sez. 3, n. 34622 del 22/6/2011, P.M. in proc. Barbieri, Rv. 250976 – 01; Sez. 3, n. 16495 del 25/3/2010, Massacesi, 246773 – 01; Sez. 3, n. 34601 del 03/05/2011, Ottocalli, non mass.) affermato che l’occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire e mantenere il possesso o, comunque, una situazione fattuale di detenzione con il bene in modo corrispondente all’esercizio di un diritto di proprieta’ o di godimento sia esso reale o personale, contraddistinto dalla continuita’ o dalla stagionalita’ cioe’ senza un carattere transeunte, dall’esclusione del diritto collettivo di uso per uno spazio non limitato ed un tempo apprezzabile in modo da impedire la fruibilita’ da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma e’ costituito dall’interesse della collettivita’ di usare in maniera completa ed in tutte le sue implicazioni il bene demaniale.

Si e’ chiarito che in riferimento al reato di occupazione abusiva del demanio marittimo, il protrarsi dell’uso esclusivo e del godimento del demanio continua in ogni caso a sottrarre alla fruibilita’ collettiva il bene demaniale stesso, (cfr. Sez. 3, n. 6540 dell’1/2/2006, Falcione, Rv. 233314 e Sez. 3, n. 6915 del 12/12/2003, P.m. in proc. Duro e altri, Rv. 227562), tanto che anche un’eventuale accessione dei manufatti al patrimonio dello Stato non incide sulla permanenza del reato (cosi’ Sez. 3, n. 9644 del 18/1/2006, Carrea, Rv. 233557) e che del pari nessun rilievo puo’ assumere neppure un’eventuale acquiescenza degli organi preposti al controllo (cfr. Sez. 3, n. 3672 del 30/11/2005, Malatesta, Rv. 233288), che nel caso di specie il reato permanente e’ caratterizzato da una condotta attiva (occupare senza titolo il demanio marittimo), che era in essere prima dell’accertamento, ed ha continuato ad essere posta in essere, e che la stessa potra’ dirsi esaurita solo quando l’occupazione cessi ovvero venga rilasciato un titolo legittimo a giustificare l’occupazione.

La fattispecie incriminatrice di cui agli articoli 54 e 1161 c.n., che sanziona la condotta consistente nell’occupare senza titolo un’area demaniale marittima, impedendone o limitandone la fruibilita’, si applica anche a chi abbia protratto l’abusiva occupazione da altri precedentemente iniziata (Sez. 3, n. 2879 del 14/11/2013, Anfuso, Rv. 258379 – 01; Sez. 3, n. 34601 del 03/05/2011, Ottocalli, non mass.).

A tali principi si e’ attenuta la sentenza impugnata che, sulla scorta dell’accertamento di fatto insindacabile in questa sede, ha ritenuto sussistente l’abusiva occupazione dell’area demaniale (come accertato con misurazione ad opere dell’architetto del Comune), per avere mantenuto le opere che impedivano la fruizione da parte di altri dell’area, a nulla rilevando la circostanza che il ricorrente aveva ricevuto l’immobile comprensivo delle opere tramite le quali e’ stata mantenuta l’occupazione abusiva, in eredita’ dal padre e non rilevando la circostanza che egli avesse provveduto a bonificare la tettoia dalla presenza di amianto.

Anche il quarto motivo di ricorso e’ inammissibile. Quanto al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all’articolo 62 bis c.p., rileva il Collegio che il ricorrente aveva genericamente invocato il riconoscimento delle memzionate attenuanti nell’atto di appello.

E’ ormai pacifico, nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, come non possa formare oggetto di ricorso per Cassazione il ricorso con cui si deduca il vizio di motivazione a fronte di un motivo generico nell’atto di appello, poiche’ i motivi generici restano viziati da inammissibilita’ originaria anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Botta, Rv. 262700).

Anche il quinto motivo di ricorso e’ inammissibile. La sentenza impugnata ha escluso la particolare tenuita’ del fatto, ex articolo 131 bis c.p. in ragione della durata dell’occupazione ed estensione del suolo demaniale occupato, a nulla rilevando che il ricorrente avesse ricevuto in eredita’ l’immobile con le opere attraverso le quali si e’ protratto ininterrottamente l’occupazione del demanio e a nulla rilevando che il ricorrente non sia stato l’autore delle stesse. Motivazione che non appare ne’ illogica ne’ contrarla a diritto.

L’inammissibilita’ del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilita’ di dichiarare le cause di non punibilita’ di cui all’articolo 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimita’ al 16/06/2020 come richiesto nei motivi aggiunti (Sez. 2, n. 28848 dell’08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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